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Mi intrometto in ritardo nella discussione in merito agli anni di Chuck Jones. Non sono mai stato un grande estimatore dei corti di Tom & Jerry in quanto non ho mai particolarmente amato i due personaggi in sé. Riconosco il loro forte impatto nel campo dei cartoni d'inseguimento, ma, fin da quando ero bambino, mi sono limitato a guardarli sorridendo tra uno sbadiglio e l'altro. Questo discorso, tuttavia, non vale per gli episodi diretti da Jones e le ragioni sono molteplici: innanzitutto ne apprezzo il restyling che ha rinnovato sia l'aspetto che la personalità dei protagonisti, facendo loro guadagnare dinamicità laddove hanno perso eleganza nei movimenti; poi ne adoro la frenesia, il ritmo serrato con cui una trovata sussegue all'altra spesso senza soluzione di continuità od eccessivi indugi sullo stesso meccanismo; mi piace molto il rapporto con la colonna sonora, sempre in sintonia con la narrazione, che mescola nuovi motivi a temi chiave della musica classica (da Beethoven a Chopin, da Rossini a Paganini); amo inoltre il fatto che la caccia abbia assunto una dimensione completamente nuova, trasformandosi quasi in un gioco delle parti dal quale, non di rado, entrambi i protagonisti escono sconfitti. Ma la ragione in assoluto per cui arrivo a preferire il lavoro di Jones a quello dei suoi predecessori è l'utilizzo dell'astrattismo e dell'astrazione: i fondali astratti di Noble sono, come sempre, uno spettacolo di colore e brio per gli occhi, ma anche la scelta di astrarre i due personaggi principali da un contesto più razionale e familiare dona all'operazione un sapore tipicamente anni '60, travolgente per raffinatezza e gusto. Il fatto che la MGM gli abbia concesso carta bianca, ha dato modo al regista di spingersi sempre più in là, al confine tra equlibrata arguzia e non-sense, tra divertissement ed arte. Ecco perché, a mio modesto parere, nelle ristrettezze economiche dell'epoca, la scelta da parte di Jones di non limitare l'animazione (come già stava avvenendo in Hanna & Barbera sulla falsariga della UPA e come aveva tentato di fare la MGM) si è rivelata vincente almeno sul piano visivo. ANDREW SEAS
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